VENERDÌ 09 MAGGIO 2025





debutto prima nazionale

2084 - L'anno in cui bruciammo Chrome

il Master in Teatro, Pedagogia e Didattica al Campania Teatro Festival

di Federica D'Auria
2084 - L'anno in cui bruciammo Chrome

LA GENESI DI - 2084 L’ANNO IN CUI BRUCIAMMO CHROME -

La prima ispirazione di Marcello Cotugno (autore e regista) unitamente alla volontà di Nadia Carlomagno (attrice e docente) in occasione della scelta del tema del master in Teatro, Pedagogia e Didattica dell’Università Suor Orsola Benincasa deriva proprio dalla parola chiave dello spettacolo: Metaverso.

Da un punto di vista autoriale, i libri sul comodino da cui attingere visioni sulla Cina e sullo sviluppo della tecnologia sono numerosi.

Capofila sicuramente “Red Mirror” di Simone Pieranni, un testo che parla della tecnologia e di come la Cina sia oggi il posto più avanzato in cui questa viene prodotta. Da qui deriva anche l’intuizione che Shenzhen sia la nuova Silicon Valley. Fanno da spunto e riflessione anche il visionario testo di George Orwell “1984”, “Il Problema dei tre corpi” di Liu Cixin e la visione fantascientifica cyberpunk di “Snow Crash” di Neal Stephenson.

La Cina è passata dalla cosiddetta “via della seta”, luogo di grande povertà in cui sono stati compiuti crimini efferati durante il periodo della rivoluzione culturale, ad una rinascita economica fortissima nell’arco di cinquant’anni.

Un vero e proprio ossimoro sociale, una sorta di socialismo capitalista: da quel momento in poi, la Cina si è rialzata facendo uscire dalla soglia di povertà tantissime persone.

Come la Cina sia riuscita a fare questo e quali siano stati i mezzi è ciò che crea il contrasto di opinioni rispetto allo sguardo che l’Occidente ha sulla Cina.

Forse, afferma il regista, è arrivato il momento in cui bisognerebbe cominciare a guardarla in un modo diverso.

Un altro testo di riferimento, grande spunto di riflessione morale, è “La Cina è già qui” di Giada Messetti. L’autrice, in occasione di questo testo, racconta un aneddoto interessante dove un allievo solleva ad un professore il classico luogo comune: “ma è vero che in Cina mangiate i cani?”.

Il professore, dopo una lunga pausa e un sorriso disse: “è vero, però noi non mangiamo i cavalli”.

Un botta e risposta che fa riflettere sulla prospettiva di cercare di entrare in un contesto e superare i pregiudizi, i luoghi comuni, su qualsiasi cultura.

È un mondo sicuramente diverso, ma come tutti i mondi diversi, va più compreso che stigmatizzato.

 

FOCUS SULLA STORIA

L’obiettivo del regista è quello di concentrarsi sulle dicotomie, sull’idea di un futuro non troppo lontano in cui fondamentalmente sta avvenendo quello che poi è l’incubo di tutti: una tecnologia talmente avanzata da inghiottire qualsiasi identità. Quindi il simbolo di bruciare Chrome, mutuato dal celebre romanzo di William Gibson “La notte in cui incendiammo Chrome”, è proprio capire se l’essere umano riuscirà a bilanciare questo desiderio di tecnologia, di progresso, con il desiderio di preservare l’ecologia, le risorse del Paese.

Quindi, nello spettacolo, l’attenzione è catalizzata su questa famiglia povera perché i problemi sono sempre gli stessi: gruppi oligarchici che detengono il potere e una massa di persone che vive quasi sotto la soglia di povertà e che fa fatica ad andare avanti, disparità enorme esistente in tutti i campi lavorativi.

Il messaggio, quindi, non vuole essere quello di distruggere Internet.

“2084, L’anno in cui bruciammo Chrome” è una riflessione, è dare al pubblico gli strumenti per riflettere sulle complessità, come il Metaverso.

Anche Internet era difficile da comprendere alla sua nascita, anche gli aerei, le macchine.

Ovviamente tutto è questione di misura, afferma il regista.

E se da un lato, avanza il desiderio di scoperta del nuovo mondo che si prospetta, di contro nasce il timore e la spinta a ritroso, il voler tornare in completa comunione con la natura e abbandonare, dunque, “bruciare” Chrome.

La domanda vera è se si riuscirà mai a trovare un equilibrio tra questi due desideri, entrambi umani e conflittuali.

 

8 LUGLIO 2022 – IL GRANDE DEBUTTO

Dopo un intenso periodo di prove, in cui si sono susseguiti esercizi sulla memoria emotiva, schede dei personaggi, lavoro sul corpo, articolazione, tono, volume, ritmo, similitudini e differenze tra persone e personaggi, il tutto sotto la guida del regista Marcello Cotugno, di Arianna Cremona e Fiorentina Mercaldo, rispettivamente aiuto regia ed assistente alla regia, l’8 luglio 2022 nella Sala Assoli arriva il grande debutto.

Registra sold out lo spettacolo inserito nella sezione progetti speciali del Campania Teatro Festival, sin dal principio.

Il progetto nasce da un’idea di Marcello Cotugno e Nadia Carlomagno, da un percorso di ricerca avviato già da qualche anno all’interno del Master in “Teatro, Pedagogia e Didattica. Metodi, tecniche e pratiche delle arti sceniche e performative”, prodotto dalla Acts – Associazione Culturale Top Spin.

Il focus, raccontano Nadia Carlomagno e Marcello Cotugno, è la ricerca teatrale e pedagogica, di esplorazione e confronto di più linguaggi narrativi e non lineari. È l’incontro tra realtà materiale ed immateriale, il nodo tra umanità e tecnologia. Esplorare nuovi spazi per avere nuovi orizzonti comunicativi e percettivi grazie alla creazione di drammaturgie inedite con una visione trasversale.

Abitano la scena le interpretazioni magistrali di Nadia Carlomagno (Atria) e Francesco Maria Cordella (Perseo) e delle allieve ed allievi del Master: Graziano Purgante (Izar), Giulia Scognamiglio (Alhena), Antonella Durante (Alhena o il suo doppio), Anna Simeoli (Xe), Paolo Capozzo (il Quadro), e, in voce, Marzia Simiani e Salvatore Mazza.

Così come il progetto mette in comunicazione vari mondi attraverso lo sconfinamento narrativo, allo stesso modo vede l’interazione di più sinergie: Francesco Domenico D’Auria e Gennaro Monforte curano la progettazione video e grafica dallo stile minimalista e visionario; Arianna Cremona aiuto regia ha dato anche il suo prezioso contributo alla drammaturgia; Fiorentina Mercaldo e Marta Finocchiaro assistenti alla regia, supporto costante a tutto il cast; le allieve e gli allievi dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, Jia Chenghao, Fabio Cosimo, Alessandro Fraia, Gao Jing, Assunta La Corte, Giorgia Lauro, Cecilia Marcucci, Wu Yongqi, con la guida del Professor Ferrigno hanno curato le scene.

Irma Ciaramella cura, nei minimi dettagli, i costumi identitari e anch’essi descrittivi; Pasquale Mari disegna le luci essenziali ed eleganti, messe a punto da Lucio Sabatino.

Le musiche sono il risultato di una ricerca e di un mix sulla musica dance e indipendente di matrice asiatica.

La famiglia Donati in 2084-L’anno in cui bruciammo Chrome è lo specchio della famiglia che si arrende senza resa. È la famiglia che soccombe e che prova a tenere le fila dei rapporti che si sgretolano di fronte alla società e alla sua volontà.

È la famiglia occidentale post-capitalista colonizzata dalla cultura cinese che cerca, tra mille difficoltà ed incomprensioni, un riscatto sociale.

La tecnologia avanzata prende il sopravvento su qualsiasi cosa: droni e telecamere dal metaverso controllano tutta la nazione. La vita della collettività è regolata dai crediti sociali, il lavoro è l’unica ragione di vita e tutti i termini mutuati dall’inglese vengono sostituiti dalla lingua cinese, immaginandone il primato mondiale. Il mondo virtuale sembra essere l’unica fonte di stimolo per i figli e di grande preoccupazione per i genitori.

È così lontana da noi questa scena? Lo scopriremo tra sessant’anni.


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10-07-2022 16:07:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA