Si cercano soprattutto camerieri. E ancora cuochi, addetti alle pulizie e alla reception di alberghi. In difficoltà anche i B&b che con l'assalto dei turisti non trovano collaboratori per portare avanti le strutture più piccole.
Ventimila posti di lavoro legati al turismo o al suo indotto che i candidati rifiutano, soprattutto non interessano ai giovani tra i 20 e i 35 anni. I titolari delle imprese ormai ricorrono ad ogni mezzo. C'è chi pubblica annunci nei gruppi social e chi si rivolge alle agenzie interinali. Il problema maggiore sono gli stagionali, lavorare per tre mesi non interessa a nessuno.
"Mi hanno chiamato a lavorare in una pizzeria, garantendomi tre mesi: non mi conviene, meglio stare a casa" spiega Antonio. "Lavorare per mille euro? Non mi conviene", fa eco Luigi. E sul banco degli imputati finisce il reddito di cittadinanza. In Campania sono oltre 251 mila le famiglie che beneficiano del contributo dello Stato.
"Le carenze abbracciano più figure professionali e mettono in difficoltà molte strutture", annuisce Costanzo Iaccarino, presidente di Federalberghi Campania. "Il nostro settore non è il solo a soffrire, due anni di pandemia si sono tradotti nella migrazione di molti lavoratori del turismo verso comparti che, a differenza del nostro, non si sono arrestati. E in più c'è un serio problema di ricambio generazionale".
Agli imprenditori risponde il ministro del Turismo Massimo Garavaglia: "La misura - ammette - ha bisogno di un aggiustamento radicale: a un lavoratore stagionale che percepisce il sostegno, possiamo darglielo al 50%, e non levarglielo tutto, purché lavori".
Ma l'emorragia pare avere radici più profonde.
"Pur di trovare pizzaioli e lavapiatti ho cambiato il messaggio: prima ti assumiamo e poi impari il mestiere", confessa Gino Sorbillo, punto di riferimento della pizza nel cuore di Napoli. "Il dipendente medio - aggiunge - dura pochi mesi e lascia senza preavviso. Ed è anche colpa del reddito di cittadinanza".