Gli uomini della droga impegnati a rifornire i luoghi chiave dell'affare con cui si finanzia il clan D'Alessandro. Quattro i condannati e due gli assolti in un processo che ridisegna la mappa dello spaccio dal quartiere bunker di Moscarella al centro antico. Si chiude così l'ultimo atto del processo «Domino», partito proprio dall'inchiesta sul mercato della droga a Castellammare.
Condannato a sei anni e mezzo di carcere Silverio Onorato. Considerato uno dei due capi del "Terzo sistema", organizzazione criminale sgominata mentre provava ad acquisire sempre più fette di mercato della vendita di stupefacenti nella periferia stabiese. Il pm della Dda Cimmarotta aveva chiesto per lui sedici anni di reclusione, poiché ritenuto al vertice nella gestione della piazza di spaccio del rione Moscarella. Ma per lui è caduta l'accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso, non essendo un alleato del clan D'Alessandro.
La condanna più pesante arriva, invece, per Vincenzo Starita, pregiudicato di Scafati, che dovrà scontare otto anni. Ad incastrarlo biglietti con nomi e cifre che per i magistrati dimostrano il suo ruolo di fornitore del clan D'Alessandro sarebbe stato lui a rifornire la droga a Nino Spagnuolo e Francesco delle Donne, colonnelli di Scanzano. Dovranno scontare quattro anni di reclusione Michele Di Maria e Luigi Staiano, nipote del boss Luigi D'Alessandro, per i quali è caduta ugualmente l'accusa di associazione mafiosa. Infine, assolti con formula piena Tommaso Naclerio ed Ernesto Di Maio.
A guidare il business del clan D'Alessandro c'erano Sergio Mosca e Antonio Rossetti, circondati da luogotenenti. Una ricostruzione dei ruoli nella cosca aggiornata dall'ultimo blitz che ha confermato la mappa del potere, dimostrando come si sia allargata con l'ingresso di giovanissimi quali il ventenne Luigi D'Alessandro junior. Un impero colpito al cuore economico da arresti e processi.