Centomila euro da fare rientrare nelle casse di un'anzenda protetta dal clan Cesarano. E bisogna fare in fretta perchè le mogli dei boss "guardano solo al Dio denaro". A Castellammare comandano i Cesarano "da sopra e da sotto" e quindi bisogna adeguarsi ai loro ordini.
Questo lo scenario di un'inchiesta che ieri ha portato all'arresto di due uomini della cosca di Ponte Persica, emissari di un imprenditore amico che voleva riscuotere i crediti dovuti da un'azienda di Sant'Antonio Abate. Minacce, telefonate, appuntamenti a cui i titolari della società per la gestione dei rifiuti cercavano di sottrarsi non avendo quei soldi in attesa dei pagamenti dei comuni per cui svolgevano il servizio di raccolta dell'immondizia.
In carcere Giovanni Cafiero, 43 anni, e Gennaro Spronello, 40, entrambi imprenditori, accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiose. Ieri i carabinieri della compagnia di Castellammare hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip Emilia Di Palma, su richiesta della Dda di Napoli. Gli episodi sono stati intercettati e ricostruiti tra fine 2020 e inizio 2021, in piena crisi determinata dal Covid. Tutto ruota attorno al mancato pagamento di una fattura del 2017 da circa 100mila euro ad una azienda casertana. Un'impresa i cui interessi economici sono indirettamente collegati a Cafier, che con uno degli imprenditori casertano ha una società nel settore dei fiori.
Con gli emissari del clan Cesarano le vittime avevano provato a trattare e proposto anche la restituzione di parte della merce non utilizzata. Una ipotesi rifiutata da Cafiero che, come oggi scrive il Mattino, avrebbe chiesto a Spronello di "buttarsi addosso" alle vittime e continuare a pretendere quel credito. Un interessamento che, secondo il giudice, induce a pensare che "Cafiero possa essere socio occulto" della ditta con sede a Caserta.