Due ex consiglieri comunali di centrodestra avevano rapporti con il clan Cesarano. I signori del racket avevano stretto un patto con due politici stabiesi. Telefonate finite tra le tante intercettate per ricostruire gli affari della cosca di Ponte Persica che aveva talpe nei comuni di Castellammare e Pompei. Un filone su cui sta indagando la Dda napoletana, che ha già aperto un capitolo sulle relazioni tra clan e politica dai giorni dell'arresto dell'imprenditore Adolfo Greco. I due ex consiglieri comunali avrebbero avuto un ruolo nel dare informazioni e nel tessere relazioni con la cosca a capo della quale c'era Luigi di Martino, boss che aveva ereditato il comando da Ferdinando Cesarano. Uno dei due politici intercettati ha avuto un ruolo di primo piano nelle elezioni del 2013, dopo che il centrodestra aveva mandato a casa il suo sindaco Luigi Bobbio e ha ancora oggi incarichi importanti nel centrodestra. L'altro ha rivestito dal 2013 più un ruolo di portatori di voti, dopo un'inchiesta che lo avrebbe costretto a non candidarsi più al consiglio comunale. Un tassello finito nell'operazione che in settimana ha portato all'arresto dei vertici dell'organizzazione, con il Profeta i suoi uomini più fidati Aniello Falanga e Giovanni Cesarano, che anche a Pompei aveva rapporti con dipendenti del comune e figli di politici. Talpe per avere informazioni su appalti e tentare di condizionare la vita politica di due città strategiche della provincia di Napoli. Relazioni pericolose su cui il pm Cimmarotta della Dda sta scavando e che sono coperte dal segreto istruttorio. In più occasioni l'ispettore Alberighi nell'aula del processo a Greco, martedì scorso, non ha risposto alle domande degli avvocati difensori proprio per non svelare atti di un'inchiesta in corso. Dopo gli arresti dei vertici dei Cesarano e dei D'Alessandro manca l'ultimo capitolo da scrivere su clan e politica. Quello per cui da mesi stanno tremando in tanti.
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