VENERDÌ 09 MAGGIO 2025





L'inchiesta

Castellammare, il falò della vergogna contro i pentiti. I tre ragazzi tornano al Savorito

Interrogatori di garanzia per Francesco Imparato, Antonio Artuso e Fabio Amendola. Disposto l'obbligo di firma

di Redazione
Castellammare, il falò della vergogna contro i pentiti. I tre ragazzi tornano al Savorito

Tornano al Savorito. Annullato il divieto di dimora per i tre ragazzi del falò della vergogna. "E' stata solo una bravata. Volevamo vincere la competizione con gli altri quartieri, attirando l'attenzione". Si sono difesi così i tre ragazzi accusati di avere minacciato di morte i collaboratori di giustizia con uno striscione e un manichino bruciati sul falò dell'Immacolata perchè "Cosi devono morire i pentiti, abbruciati". Questa la tesi sostenuta durante gli interrogatori di garanzia per provare a dimostrare che, quello della notte della vigilia dell'Immacolata e il giudice trasforma la misura cautelare in obbligo di firma. Secondo la difesa il falò non fu utilizzato dalla famiglia Imparato per intimidire i collaboratori che con le loro dichiarazioni avevano dato una svolta all'inchiesta su quattro clan. Indagini che il 5 dicembre ha portato in carcere i capi delle cosche stabiesi e dei Monti Lattari e l'imprenditore Adolfo Greco. Per il pm Cimmarotta, che ieri era in aula, al contrario fu una istigazione a delinquere aggravata dal metodo camorristico. È questo il reato per il quale il Gip di Napoli aveva disposto, la scorsa settimana, il divieto di dimora in Campania per i tre stabiesi: Francesco Imparato, Antonio Artuso e Fabio Amendola, di 24, 18 e 31 anni, avevano indicato come residenza della misura cautelare luoghi tra la Lombardia e il Lazio. Ma dopo gli interrogatori di ieri il giudice ha tramutato la misura cautelare nell'obbligo di firma per i tre, difesi dall'avvocato Francesco Schettino. Per altri due minorenni il fascicolo è all’attenzione della procura minorile. Nessun dubbio sul fatto che su quella catasta alta 8 metri salirono in cinque, i tre più due minorenni. Del resto alcuni del gruppo hanno anche raccontato agli inquirenti cosa accadde la notte del falò della vergogna. Per la Dda l'operazione venne affidata a Francesco Imparato, figlio di ‘zi Peppe’ Michele Imparato, pluripregiudicato e fratello di Salvatore Imparato, i due sono stati condannati a 9 e 11 anni di reclusione e sono esponenti di spicco di una ‘famiglia’, i ‘Paglialoni’, che storicamente controlla il mercato dello spaccio di droga al rione Savorito. Un quartiere la cui economia, scrive la Procura “si regge in gran parte sul traffico illecito di stupefacenti”. Quel messaggio non sarebbe quindi solo "solidarietà degli appartenenti al rione Savorito ai D’Alessandro, ma anche una gravissima minaccia in danno dei collaboratori di giustizia”. Del resto con le loro dichiarazioni i pentiti hanno anche svelato proprio i rapporti tra la famiglia Imparato e i D’Alessandro. Circostanza rafforzata dalle dichiarazioni di altri due pentiti, Vincenzo Polito e Valentino Marrazzo. I due hanno messo a verbale che Vincenzo D’Alessandro aveva riferito “che l’unica piazza di spaccio che doveva operare a Castellammare era quella del Savorito, perché gli Imparato erano degli amici fedelissimi e avevano sempre pensato alla famiglia D’Alessandro” e “tutte le piazze di spaccio a Castellammare devono consegnare una quota ai D’Alessandro”. 


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27-02-2019 09:43:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA