Tutti condannati. Estorsioni imposte anche al cugino del boss Raffaele Imperiale, noto per avere nascosto due quadri di Van Gogh a casa dei genitori a Castellammare. Sette le condanne di uomini del clan Cesarano, altri 5 imputati a giudizio con rito ordinario. Si è chiuso ieri dinanzi al gip del tribunale di Napoli il primo filone del nuovo processo al clan Cesarano, che avrebbe imposto il pizzo a imprese edili e negozi nella periferia tra Castellammare e Pompei, come ricostruito nel corso delle indagini condotte dai carabinieri della compagnia stabiese e coordinate dalla Dda di Napoli (pm Giuseppe Cimmarotta).
Condanna a 10 anni di reclusione per Vincenzo Cesarano, alias «'o mussone», cugino dei boss ergastolani Gaetano e Ferdinando Cesarano, che avrebbe gestito il clan di famiglia grazie alle «imbasciate» che arrivavano dal carcere. Pena più severa (a 12 anni) per Luigi Belviso che, secondo l'Antimafia, fino al 2021 stava tentando la scalata al clan insieme a Francesco Corbelli condannato a 6 anni), entrambi storici affiliati al clan. Condannati in primo grado a 10 anni e 4 mesi Raffaele Belviso e a 5 anni e 8 mesi l'altro Francesco Corbelli, autista dei Belviso, che accompagnava l'aspirante boss ai summit in un bar di Pompei con esponenti di altri clan di camorra.
Condanne a 8 anni per Andrea Bambace e a 5 anni e 8 mesi per Bartolomeo Langellotto, ritenuti imprenditori al servizio del clan: nella concessionaria di quest'ultimo si sarebbero tenuti diversi summit di camorra presieduti da Vincenzo Cesarano.