Il clan aveva una talpa anche negli uffici delle Poste a Castellammare. Bastava una telefonata per sapere quanto avesse sul conto corrente una persona entrata nel mirino dei D'Alessandro. Era Vincenzo Di Vuolo a tenere i rapporti con il dipendente infedele, che come se nulla fosse svelava informazioni che enti e banche sono tenuti a tenere strettamente riservati. Ma quella conversazione choc finisce tra le tante che gli inquirenti hanno intercettato nella lunga indagine che ha portato all'arresto dei capi dei clan, ma anche di chi come di Vuolo teneva i rapporti con il "mondo di mezzo" così definito dalla Dda napoletana. Gli investigatori svelano un quadro inquietante in cui a collaborare con la cosca di Scanzano erano anche dipendenti pubblici, tra cui un geometra dell'ufficio tecnico del comune di Castellammare. Di Vuolo, invece, approfitta della sua talpa alle poste. Arrestato il 5 dicembre è una delle figure chiave dell'inchiesta, in quanto imprenditore edile, braccio destro di Liberato Paturzo, e intermediario nei rapporti con noti costruttori della zona. È sua la telefonata con cui scopre che sul conto di cui chiede notizie ci sono 200 euro. La talpa, secondo le informative della DDA, è uno stabiese che all'epoca dei fatti era dipendente dell'ufficio postale centrale di Castellammare. Già con precedenti penali per truffa, il dipendente stabiese infedele non si esimeva dal dare informazioni sui conti correnti o comunque informazioni riservate e coperte dalla privacy. Stando ad alcune fonti, pare che il postale nel frattempo però sia stato trasferito ad altro ufficio perchè oggetto di un'altra indagine, sia delle forze dell'ordine che interna, per una condotta non propriamente fedele al ruolo di riservatezza che dovrebbe tenere un dipendente di un'ente come le Poste Italiane. Informazioni utili quelle date alla cosca che, per la Dda, servivano concludere a "affari e operazioni illegali". Tutto con l'aiuto di talpe amiche del clan.
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