MERCOLEDÌ 14 MAGGIO 2025





L'inchiesta

Dall'Austria le armi per i clan campani, scoperto traffico internazionale: il capo di Terzigno

Nell'organizzazione Domenico Boccia, Mario Carrillo e Vincenzo Sdino

di Redazione
Dall'Austria le armi per i clan campani, scoperto traffico internazionale: il capo di Terzigno

Armi dall'Austria in Italia per rifornire i clan della Campania. Ai vertici dell'organizzazione uomini del vesuviano che aveva inventato un linguaggio in codice per non farsi scoprire. Un'inchiesta partita nel 2017 e arrivata ad una svolta quando il sei marzo nelle provincie di Napoli, Salerno, Caserta, Avellino e Latina, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata hanno eseguito provvedimenti di fermo di indiziato di delitto emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli nei confronti di numerose persone, coinvolte, a vario titolo ed in concorso tra loro, in una grave attività di massiccia e continuativa introduzione in Italia, dall’Austria, di armi da fuoco di vario calibro, anche da guerra, destinate a rifornire diversi clan camorristici sul territorio campano.
Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia e svolte dai Carabinieri di Torre Annunziata, iniziate nel febbraio 2017, hanno permesso di individuare ed identificare nel corso del tempo i responsabili di un’associazione dedita al traffico internazionale di armi, tra cui  Kalashnikov e mitragliatrici Skorpion. A capo dell'organizzazione Domenico Boccia, originario di Terzigno, con la collaborazione di Mario Amelio Carrillo, corriere di fiducia, Vincenzo Sdino, custode delle armi e delle munizioni, e Raimondo Licenziato, coinvolto nell’approvvigionamento delle armi nonché intermediario con i clienti.
Le attività d’indagine, sviluppate in collaborazione con l’Autorità Giudiziaria e le forze di polizia austriache, hanno consentito di identificare i fornitori esteri, LASSNIG Eduard Senior e LASSNIG Eduard Junior, residenti in Völkermarkt,  e di documentare i movimenti sul territorio austriaco degli indagati campani.
Nel corso delle indagini sono stati identificati i numerosi acquirenti delle armi, tra i quali anche appartenenti alla criminalità organizzata campana.
Fornitori ed acquirenti, temendo di essere intercettati, avevano ideato un linguaggio in codice per riferirsi ad armi e munizioni che, a seconda del calibro o della tipologia d’arma, venivano accostate a un modello più o meno grande di autovettura, a un genere alimentare o pratica automobilistica. In tal modo un’arma corta diventava una “smart”, il calibro era una “cabriolet”, i revolver da 6 o 8 colpi divenivano forniture di “pomodorini” da 6 o 8 kg, una pistola calibro 38 diventava una “scarpa 38”, le munizioni venivano chiamate “lampadine” mentre i pagamenti erano le “pratiche” auto da espletare. Allo stesso modo i soggetti intercettati si autodefinivano come “avvocati” o “periti assicurativi” nel tentativo di dare una coerenza ai dialoghi.


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12-03-2019 12:17:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA