Il Cristo Velato. Matrix. Bergman. Harry Potter. Il Bianconiglio e Alice. Lost. L’Odissea. Il Gatto e la Volpe.
Alessandro Serra presente ovunque in scena e tutti presenti in William Shakespeare.
Il Nuovo Mondo che si scontra ed incontra il nostro, di mondo, tra incivili e civili.
I primi minuti de “La tempesta” portano talmente in alto l’attenzione, insieme al velo che ondeggia e che si fa cielo e mare, vento e pioggia, in mezzo a tutto quel nero, da spalancare gli occhi e tenere fritta la pelle fino al centocinquesimo minuto.
La sala del Teatro Bellini di Napoli era completamente sotto Effetto-Serra, catalizzata dal calore dello spettacolo nello spettacolo, del palcoscenico nel palcoscenico, degli attori che, gli si crede subito, sembrano strappati e collocati lì direttamente da altre epoche lontanissime e dimensioni oniriche. E se le interpretazioni incredibili degli attori non dovessero bastare (e bastano, ve lo assicuro), ci pensano gli effetti cinematografici e primordiali del teatro.
Fasci di luce sottilissimi come lame, spessi come fari, caldi come fiamme o gelidi come stalattiti; musiche e suoni che poggiano direttamente non all’orecchio ma alle spalle degli spettatori, così rassicuranti o terribili, a seconda del momento; e ancora, la scenografia che cambia insieme ai quadri di scena è minimale, essenziale e per questo efficace; geniale tanto da trasformare un’asta appendiabiti in una nuvola danzante che delle quinte pare essersi dimenticata perché cala direttamente dall’alto.
La tempesta è un grido alla sete di potere, a quanto sia pericolosa, presente in ognuno; l’antefatto è la minaccia alla perdita dello stesso, tra le grida dei marinai e la verità che terrifica tutti:
sovrana unica del potere è la natura.
Così l’isola si fa teatro, gli attori e le attrici si fanno della stessa sostanza dei sogni in carne e la poetica si espande come un’onda, che non sommerge, perché non morirà nessuno.
Il Nostromo (Andrea Castellano) compie il primo gesto di usurpazione legittima del potere di Prospero: perché ai cavalloni non importa del titolo di Re! Così, il capo dei marinai, regna.
Prospero (Marco Sgrosso) non trasuda la minima emozione ed il suo passo felpato è l’emblema di quell’eleganza gelida, lenta e regale, bianchissimo vestito tale da accecare il buio pesto con le sue trame.
Ariel (Chiara Michelini) è leggera leggera, lei è il vento e ha la voce stridula e spifferante di una bambina agitata, con sinuosità nei movimenti conduce tutti i personaggi come una piccola Caronte.
Calibano (Jared McNeill) è una pentola di rabbia, un albero di risentimento e ha una potenza di voce, corpo ed interpretazione febbricitanti. Con picchi altissimi nelle intonazioni e poi bassi, inguinali e graffianti, nel midpoint dello spettacolo regala al pubblico napoletano l’eruzione del Vesuvio; cambia la luce, il calore della scena, l’intensità, cambia tutto.
Trinculo e Stefano (Massimiliano Poli e Vincenzo Del Prete) sono la decadenza, il regno di Napoli e la beffa costante; regalano momenti divertentissimi e smorzano i deliri di onnipotenza al momento giusto.
Gonzalo (Bruno Stori) tenta di salvare Prospero, donandogli la magia. Inutile dire che chi non ha saputo fare uso della politica, farà sciagure con altrettanti mezzi.
La protagonista assoluta dello spettacolo, al di là della natura, del potere e del sogno è una, che muove tutto: la compassione.
E questa si farà centrale con gli aguzzini Alonso, Antonio e Sebastiano (Massimiliano Donato, Valerio Pietrovita e Salvo Drago), mossi dalla sete di sangue e di potere, che si ritroveranno bloccati, in sogno, in specchio con le loro meschinità dall’arrivo delle maschere magnifiche ed inquietanti (Tiziano Fario) ad un banchetto nelle cui pietanze, pare suggerirci la scena, ci siano le loro anime. Verranno risparmiati.
Infine, nella giustizia, nel perdono e nell’amore tra Ferdinando e Miranda (Marcello Spinetta e Maria Irene Minelli), risiede l’apice del perdono e della magia del sogno.
Lo spettacolo finisce. Gli attori sono tutti spiriti. Si dissolvono nell’aria sottile. Tutto scompare, senza lasciare traccia. Perché sono fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni e la loro piccola vita, la nostra piccola vita, è circondata da un sonno.
LA TEMPESTA
di William Shakespeare
traduzione e adattamento Alessandro Serra
con (in ordine alfabetico) Andrea Castellano, Vincenzo Del Prete, Massimiliano Donato,
Salvo Drago, Jared McNeill, Chiara Michelini, Maria Irene Minelli, Valerio Pietrovita,
Massimiliano Poli, Marco Sgrosso, Marcello Spinetta, Bruno Stori
regia, scene, luci, suoni, costumi Alessandro Serra
collaborazione alle luci Stefano Bardelli
collaborazione ai suoni Alessandro Saviozzi
collaborazione ai costumi Francesca Novati
maschere Tiziano Fario
consulenza linguistica Donata Feroldi
coproduzione
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Teatro di Roma – Teatro Nazionale /
Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale / Sardegna Teatro / Festival
d’Avignon / MA scène nationale – Pays de Montbéliard
in collaborazione con Fondazione I Teatri Reggio Emilia / Compagnia Teatropersona
Lo spettacolo ha debuttato in prima nazionale alle Fonderie Limone di Moncalieri (TO) il 15
marzo 2022, ancora in scena al Teatro Bellini di Napoli fino al 5 febbraio.
©PHOTO ALESSANDRO SERRA - FOTO 03: da sinistra Jared McNeill, Vincenzo Del Prete, Massimiliano Poli