''Tra chi diceva, e dice oggi, 'Giovanni mi diceva', 'Paolo mi ha raccontato', 'eravamo amici e molto legati', c'erano i corvi e chi giocava su due tavoli. Sono loro che hanno condannato Falcone prima della mafia e di altre forze che purtroppo si sono unite alla mafia".
Lo ha detto il procuratore generale di Napoli, Luigi Riello, intervenuto alla cerimonia in piazza Municipio per il 30esimo anniversario
della strage di Capaci. Riello ha sottolineato che ''ci sono ancora tanti misteri su Capaci e ancor di più per quanto riguarda la strage di via D'Amelio. Questa storia è una pagina nera e noi dobbiamo combattere l'indifferenza e vedere qui oggi tanti giovani schierati e consapevoli è molto confortante perché questa coscienza civile all'epoca ancora non c'era''.
Il procuratore ha ricordato che ''tutti restammo sgomenti quando esplose quella bomba a Capaci, ma il 19 luglio per la morte di Paolo Borsellino anche da noi magistrati non ci
fu una reazione forte come invece un fatto così sconvolgente avrebbe dovuto registrare. Quel giorno erano quasi tutti in vacanza - ha raccontato - ma io no e ricordo che ci trovammo a Castel Capuano, nell'aula della prima sezione civile, per una riunione spontanea, ma eravamo pochi: doveva esserci una reazione spontanea a quell'attacco allo Stato, bisognava sentire il bisogno di riunirsi e mobilitarsi immediatamente, ma all'epoca questo non ci fu, oggi ci deve essere".