Simone Alfano è un ragazzo di Gragnano che, come molti altri in queste ore, si trova ad affrontare l’emergenza coronavirus. A differenza di tanti, però, Simone non può restare a casa: ogni giorno si alza per andare a lavorare come operatore sanitario del 118 a Gragnano. Fino all'ingresso dell'Italia nell'emergenza nel tempo libero calcava i palcoscenici locali per diffondere la sua passione per il teatro. Frequenta il mondo dell’arte da quando era piccolo, a scuola, e, fino alla scoppio della pandemia, ha seguito un corso di recitazione e cinema. Tra le sue passioni sicuramente c’è la drammaturgia napoletana, Eduardo De Filippo e Raffaele Viviani. Durante quest’emergenza è impegnato in prima linea, come tanti altri giovani che lavorano negli ospedali, nella lotta al covid-19.
Sei artista ma anche operatore sanitario: come stai vivendo queste settimane di pandemia?
“Come tutti, anche per me questi sono stati giorni molto duri. Cambiare il proprio stile di vita da un giorno all'altro non è stato per nulla facile. Da subito ho sentito la respsonsabilità ed il dovere di dare il mio contributo in prima linea. Spesso mi sono sobbarcato anche di turni straordinari affinchè il servizio di emergenza per il quale lavoro, mantenesse la sua continuità. Le prime settimane sono state molto difficili, soprattutto per le difficoltà organizzative e per la carenza dei dispositivi di protezione individuale. Ma lo stress ed il carico lavorativo di quei giorni, non mi ha allontanato dalla stesura del mio nuovo lavoro teatrale, che mi auguro quanto prima di presentare al pubblico”.
Il settore artistico, come molti altri, affronta un momento difficile, cosa pensi cambierà dopo il coronavirus?
“Purtroppo sarà dura, durissima. Il ritorno alla completa normalità oggi sembra un miraggio. I teatri pare che siano gli ultimi ad aprire. Sono al vaglio nuove modalità, si parla di riduzione dei posti posti a sedere, modalità a mio parere difficilmente applicabili dalle piccole strutture. Quello che mi preoccupa di più, è lunga fase di elaborazione psicologica, prima che le persone tornino ad affrontare luoghi chiusi e affollati ci vorra del tempo. Ma come tutti gli artisti, sono un sognatore, quindi mi piace pensare che quanto prima tutto ritorni alla normalità”.
Il teatro può essere una terapia alla tristezza di questi giorni? Se si, come?
“Il teatro nel corso dei secoli ne ha passate tante e si è dovuto far carico di diverse funzioni, ed anche in questa fase ed in quella successiva dovrà fare la sua parte. Un medico statunitense Patch Adams, sosteneva che una delle cure fondamentali all'angoscia e alla sofferenza
fosse proprio il teatro e la clowterapia.
In questa fase, da casa, possiamo soltanto godere delle versioni televisive e della lettura dei testi.
Ma, sinceramente, credo poco ad un teatro in streaming, per il teatro il rapporto con il pubblico è un esigenza fondamentale e imprescindibile.
Penso che, nell'attesa di una riapertura, ci si debba attrezzare con formule alternative.
Immagino un "Teatro rionale" con gli attori che recitano in cortile ed il pubblico affacciato ai balconi”.
Ad un artista stabiese chiedo: cosa direbbe Raffaele Viviani agli stabiesi in questo momento?
“Viviani avrebbe posto l'attenzione sui tanti operatori del settore, oggi purtroppo disoccupati.
Ed avrebbe guardato con nostalgia il suo "O vico" ed i suoi abitanti che con tutti i loro pregi e difetti,
vivevano una "normalità" che noi troppo spesso abbiamo dato per banale e scontata”.
Cosa consiglia, invece, Simone da operatore ed attore alle persone che sono a casa?
“Il mio suggerimento è quello di non abbassare la guardia. Rispettare le regole ed i consigli che ci vengono forniti dagli esperti. Usiamo questo tempo, nel quale siamo messi a "maggese", per nutrire la nostra anima. Dedichiamoci agli affetti, alla cultura ed apriamoci a nuovi interessi. La nottata passerà, ne sono sicuro. Ma ognuno di noi deve continuare a fare la sua parte”.
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