E' grande l'attesa tra i fedeli di Castellammare ai quali domani sarà finalmente rivelata la fondatezza della leggenda della ''Spina Santa'', reliquia custodita in una teca ottocentesca ed esposta sull'altare del Gesù crocifisso della Cattedrale.
Secondo quanto riferisce lo storico stabiese, padre Anselmo Paribello, Superiore del Convento di San Francesco, il ramoscello spinoso era uno di quelli intrecciati nella corona di spine che Gesù Cristo portò sul Calvario.
La tradizione vuole che, ogni volta che il Venerdì santo coincide con il 25 marzo - festa dell'Incarnazione del Messia - come accade quest'anno, ''la spina mostra un fiorellino''.
Il prodigio viene osservato in altre 30 chiese nel mondo che custodiscono simili reliquie, tra le quali la Chiesa-Monastero dei Santi Giuseppe e Teresa, delle Carmelitane scalze in via Santa Maria dei Monti ai Ponti Rossi, a Napoli, ed inoltre ad Andria ed a Bari.
Nella Cattedrale di Castellammare, il parroco, don Antonino, è tranquillo e speranzoso, e dice: ''La reliquia è stata donata circa 5 anni fa all'Arcidiocesi dalla famiglia Cannavale, che ne era in possesso da centinaia d'anni, avendola ricevuta dal Conte Cesare Caterini, cavaliere di cappa e spada di Sua Santità, ma non abbiamo alcuna prova di quanto viene raccontato. Quindi, una settimana fa abbiamo redatto un verbale corredato di fotografie per tentare di testimoniare scientificamente eventuali modifiche che dovessero verificarsi domani''.
Secondo notizie storiche, le reliquie provenienti dalla Corona di spine, sarebbero fiorite o sarebbero rinverdite, o ancora, sarebbero apparse insanguinate nel 1932. Lo riferiscono le cronache dell' epoca presso diverse chiese.
Del rametto spinoso di Castellammare non si sa niente, perché in passato la teca, chiusa come si presenta adesso con un sigillo in ceralacca con stemma arcivescovile, veniva venerata nel convento delle Suore Stimmatine.
Se domani la Spina Santa fiorirà, avrà uno stuolo di fotografi pronti a immortalare il prodigio che, secondo un calcolo dei fedeli, potrà nuovamente essere osservato solo tra 141 anni.