Sempre che il vecchio proverbio "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace" abbia trovato una base scientifica di appoggio.
Secondo una ricerca compiuta dal dipartimento di Fisica dell'Università Sapienza di Roma e pubblicata sulla rivista Scientific Reports, sembra che sia il primo sguardo d'insieme a dare la percezione della bellezza, indipendentemente dalle caratteristiche dei singoli dettagli: lo dimostra l'intelligenza artificiale, grazie agli algoritmi messi a punto in Italia.
Il metodo di analisi messo a punto da Vittorio Loreto, che con Miguel Ibáñez-Berganza e Ambra Amico hanno trovato algoritmi capaci di individuare le proprietà del volto dalle quali dipende la percezione della bellezza, fornendo in questo modo una risposta tecnologica a una domanda che di per se si perde nella notte dei tempi.
Dalla letteratura alla pittura, infatti, non è mai stato semplice stabilire i criteri che definiscono la bellezza in modo univoco e nessuno ha mai trovato una regola semplice per definire le caratteristiche di un bel viso. Adesso la risposta indica che una definizione universale non esiste.
Il punto di partenza è stata l'immagine digitale di un volto, i cui dettagli sono stati modificati dai volontari che hanno partecipato all'esperimento
"Il nostro approccio, basato su algoritmi di deformazione delle immagini e su algoritmi genetici, consente al soggetto sperimentale di 'scolpire' la sua variante preferita di un volto di riferimento".
Si è giunti così a definire che la percezione d'insieme di un viso è influenzata dalla personalità dei singoli individui, dall'attribuzione inconscia di caratteristiche astratte e quello che conta, alla fine, non è la posizione dei singoli elementi, ma l'armonia tra le diverse parti del volto nel loro insieme.