“Rispettiamo la vita di Giovanni, Matteo, Antonio e Gerardo. Non si deve morire per irresponsabilità, per inedia e burocratismo. Questa è violenza contro l’umanità. La mano dell'uomo si è sostituita a quella di Dio per portare morte in nome dei suoi interessi”. Dura l’omelia del Cardinale Sepe dall’altare di una chiesta stracolma come la piazza esterna. E accolta dagli applausi di chi c'era. Migliaia di persone che chiedono giustizia. Quattro famiglie unite dallo stesso irraccontabile dolore, con loro Torre del Greco che si è fermata per dire addio ai suoi ragazzi. Partiti pensando di portare a casa il ricordo di una bella vacanza, sono giunti questa mattina nella loro città natale per l'ultimo viaggio. Rientrati da Genova i feretri con i corpi di Giovanni Battiloro, Matteo Bertonati, Gerardo Esposito e Antonio Stanzione, i quattro ragazzi morti nel crollo del ponte Morandi. Ad accoglierli il servizio d'ordine composto tra gli altri dagli agenti di Polizia municipale e della Protezione civile. Già dalle prime ore del pomeriggio una folla commossa si è ritrovata nella piazza in attesa dell’inizio del rito funebre cominciato alle 17 e 30. Tanti i giovani che hanno voluto salutare i quattro ragazzi e ascoltato le parole del Cardinale Sepe, che ha avuto il difficile compito di dare la parola di Dio in un momento tragico. “L’Italia intera è partecipe al dolore per questi quattro giovani, figli di questa terra. Vediamo in Gesù l’uomo risorto, vogliamo condividere il lutto di queste famiglie. Abbiamo voluto essere qui, mossi da sentimenti profondi” dice commosso il Cardinale. Poi l’omelia tocca il tasto su cui oggi si interrogano tanti italiani. “Vite spezzate negli anni dei sogni, è un pezzo di futuro che se ne va. Perché sono morti? Vittime del destino? Ma quale destino, non esiste. Siamo liberi di campare 100 e più anni. Qualcuno dice che oggi non bisogna pensare ai responsabili. Ma è un discorso di comodo. Ai parenti diciamo di non farsi abbattere, ma dobbiamo anche dire che morire così non si può”. Le parole del Cardinale risuonano nella chiesa in attonito silenzio: “Con la morte di un figlio le famiglie vengono sconvolte”. Presente tra gli altri il sindaco della città vesuviana, Giovanni Palomba, tornato nella notte da Genova, dove ieri si è recato per stare vicino ai familiari delle vittime e partecipare agli incontri istituzionali promossi nel capoluogo ligure.
''Abbiamo proclamato il lutto cittadino - afferma Palomba - informando i torresi con manifesti pubblici. È un giorno di dolore per la nostra città, nel quale ci stringiamo idealmente ai parenti delle vittime, genitori che hanno perso in modo tanto traumatico i loro giovani figli''.
Non fa accenno alle polemiche legate al crollo il primo cittadino. Un fronte caldo in città, tanto che proprio all'esterno del casello di Torre del Greco nella notte è stato posto uno striscione (poi rimosso) nel quale si leggeva ''Antonio, Matteo, Giovanni e Gerardo... non è stato il fato ma lo Stato!''. "Mio figlio è stato ammazzato. Vittima di un destino beffardo ma anche di chi non ha pensato che su quel ponte potevano esserci dei figli di gente oggi disperata" dice Roberto il padre di Giovanni Battiloro. Parole che si rispecchiano in quelle del Cardinale e nei pensieri di chi oggi ha voluto testimoniare non solo il dolore per la morte dei quattro ragazzi, ma anche la richiesta di giustizia per una tragedia tutta italiana.